Tutti concordi nel dire che senza manifatturiero non ci può essere ripresa. Anche il Presidente di Confindustria Squinzi, infatti, ha più volte dichiarato che solo se si permetterà al manifatturiero di ripartire si potrà ritornare ai livelli occupazionali precedenti la crisi. Del resto non si possono dimenticare i molti errori commessi anche a Verona dove abbiamo assistito inermi alla delocalizzazione di importanti imprese in Paesi confinanti con manodopera a basso costo. Gli imprenditori hanno sempre giustificato la loro scelta con le esigenze del mercato globale, ma purtroppo i guadagni ottenuti all’estero non sono stati reinvestiti nel nostro territorio e così abbiamo perso il sapere e ora abbiamo le tasche vuote per investire, sempre che lo si voglia fare.
Non è sempre così però, molti imprenditori seri impegnano il loro capitale finanziario in impresa e investono in formazione, ricerca, innovazione e, guarda caso, ottengono anche risultati gratificanti per l’impresa e quindi per chi ci lavora. Altri, invece, ritengono che l’impresa si avulsa dal sistema economico e sociale in cui vivono e cercano solo di sfruttare nel tempo più breve possibile la resa e poi trovano il sistema più favorevole cessare. Altri ancora poi pur avendo commesse, storia, esperienza decidono che non è più il caso d’investire e cosa importa se dalle loro scelte perdono il posto alcune centinaia di persone.
È il caso nostrano delle OFV, officine ferroviarie veronesi, progettazione, costruzione e riparazione di carrozze ferroviarie, che hanno commesse per i prossimi diciotto mesi dall’Ansaldo per conto delle Ferrovie dello Stato.
I lavoratori dell’azienda hanno dapprima accettato di ridursi il salario del 15%, perdendo mediamente al mese duecento euro netti, ma la società non può ripartire perché i soli duemilacinquecento euro di capitale sociale non danno ovviamente quelle garanzie, necessarie ai fornitori per la consegna del materiale.
Siamo sempre alle solite, la proprietà è ancora una volta la famiglia Biasi che non ha ancora deciso se finanziare o no la società e nel frattempo i dipendenti sono in cassa integrazione e l’Ansaldo minaccia di ritirare le commesse.
Dove sono i Biasi che hanno contribuito a fare la storia dell’industria di questa città? Vogliono ripetere l’incresciosa e deludente vicenda delle fonderie? Passando di mano a COMPOMETALL per poi chiuderla dopo pochi anni sperando che non si pensasse alla loro responsabilità, almeno quella morale?
Cari Biasi è risaputo che siete uomini di fede ma pare che non abbiate avuto tempo di leggere l’enciclica Caritas in vertiate e se l’avete letta, ancora più preoccupante e lo dico con rispetto, non avete capito nulla.