La riforma del Ministro del Lavoro Elsa Fornero ha incassato il sì della Camera.
Serve un mercato del lavoro che dia nuovo respiro alla flessibilità, tuteli il lavoratore, più che il posto di lavoro, e crei nuovi ammortizzatori sociali. Partita con i più nobili intenti la riforma si rivela già come una legge dai toni chiaroscuri: dall’aggravio di contributi previsto per le imprese nei contratti a termine e la riduzione degli intervalli tra un contratto e l’altro, al termine di sei mesi quale durata minima dell’apprendistato, al sistema di ammortizzatori esteso anche ad apprendisti e artisti dipendenti, all’importante novità per i contratti a progetto della presunzione di subordinazione qualora l’attività del collaboratore sia analoga a quella svolta dai dipendenti. Le ricadute su Verona riguarderanno dunque tutti i lavoratori atipici (oltre 20mila) caratterizzanti il nostro tessuto, tra cui gli interinali. Sono oltre 5mila infatti i lavoratori che, a oggi, hanno svolto almeno una missione di lavoro interinale. A crescere, però, è solo la componente maschile a fronte di una riduzione della componente femminile del 2%. Anche se quasi metà del mondo somministrato veronese è donna (44%) e un quarto sono immigrati (25%). I settori più coperti sono informatica e servizi alle imprese con oltre 782 addetti, industria dei metalli con 450 e comparto alimentare con 400 lavoratori. Nonostante la bassa crescita economica si continua a ricorre all’impiego del lavoratore somministrato il cui identikit si orienta sempre più verso diplomati e laureati, donne e immigrati. L’altra medaglia della flessibilità scaligera sono i contratti a progetto: poco più di 9 mila. Sono lievemente aumentati i guadagni e il reddito medio è salito del 2,9% toccando quota 17mila euro. Molto marcate le differenze di reddito medio dei lavoratori parasubordinati veronesi nelle diverse tipologie di contratto. A causa della crisi tante collaborazioni non si sono trasformate in contratti a tempo indeterminato e non sono nemmeno state rinnovate. Inoltre un co.co.pro su tre ha meno di 30 anni quindi anche a Verona questa tipologia contrattuale è utilizzata soprattutto per i più giovani che scontano un divario di reddito medio decisamente ampio rispetto ai più anziani, con guadagni dimezzati. Questa la fotografia di tutti quei lavoratori invisibili veronesi: lavoratori a progetto, somministrati, associati in partecipazione, lavoratori costretti ad aprire partite iva e una parte dei soci lavoratori di cooperative. Hanno nel patrimonio, nel reddito e nelle relazioni di famiglia la rete di protezione effettiva e solida che li garantisce in caso di difficoltà economiche e occupazionali. Però con questa crisi e la mancanza di crescita si evidenzia una diminuzione dei posti di lavoro per questi lavoratori invisibili. Le nuove generazioni non possono pedalare sempre e solo in salita. O cambiamo rotta o perdiamo almeno tre generazioni.
EMILIANO GALATI Segretario Generale FeLSA CISL Veneto