Crisi economica e mutazione genetica della società


La crisi economica affonda le proprie radici nel tessuto sociale. Questo, in modo quasi invisibile, sta generando un mutamento che interessa interi gruppi di persone.

Il concetto di povertà, fino a qualche anno fa, trovava spazio nell’indicare settori limitati di categorie, come i pensionati, i disoccupati, o persone che presentavano un disagio sociale, di varia natura.
I poveri venivano identificati in gruppi di persone ai quali alcune lodevoli associazioni di volontariato, o le stesse istituzioni locali, riuscivano, senza problema alcuno, ad offrire assistenza nel tentativo riportarli ad un livello quasi dignitoso.

Ora la povertà non è più un aspetto fisiologico che cresce in seno ad una società opulenta, è esondata dagli argini della “normalità” travolgendo buona parte della classe media. A non farcela ora è anche chi ricco non lo era ma lavorando poteva viere senza particolari problemi.
La crisi, che ha portato le imprese a chiudere, a bloccare i salari del pubblico impiego, a ridurre o cancellare le forme di welfare, ha allargato a dismisura la platea dei poveri e reso i “non-ancora-poveri” drammaticamente incerti sul loro futuro.

La disoccupazione o la stessa cassa integrazione non intervengono solamente sulla sfera economica dell’individuo, purtroppo le ricadute peggiori sono sulla persona, sulla sua autostima e sull’assunzione di consapevolezza di essere inutili, in quanto esclusi dal sistema produttivo.
Per molti anni la realizzazione dell’individuo è stata rinvenuta nel lavoro e nella capacità di consumo. Venendo a mancare questi viene meno l’uomo come soggetto realizzato all’interno del gruppo, come persona che produce e consuma.

Non saper o non voler dare una risposta a questo dramma rischia di generare una mutazione genetica della società, nella quale i figli smetteranno di studiare e di restare in Italia, avviando processi d’emigrazione che accelereranno l’invecchiamento della società. Non si formeranno perciò nuovi nuclei familiari, non si avvieranno nuove realtà produttive e quelle esistenti un po’ alla volta verranno chiuse. Si passerà dalla recessione ad una società povera e vecchia.

I ricchi però ci sono e ci saranno sempre, anzi così la ricchezza media aumenta, chi ha potuto acquistare ad esempio Btp decennali del 5 % , in questi anni, sta accumulando ricchezze inaspettate e le ricadute sui consumi di alta gamma lo stanno a confermare.

Nessuna persona responsabile può certo partecipare a questo gioco al massacro dove come unica prospettiva c’è il crollo di un sistema che, per quanto imperfetto, in qualche modo reggeva. Servirebbero poche e facili azioni. Due o tre al massimo:
redistribuzione del reddito, quindi una riforma fiscale.
Una vera riforma della pubblica amministrazione, non quella di Brunetta, una vera, europea.
E lotta con tolleranza zero alla corruzione.
Già con questi obiettivi raggiungeremo pareggi di bilancio, risorse per gli investimenti, credibilità all’estero e soprattutto daremo quel senso civico indispensabile per una convivenza fra persone per bene.

La classe politica, tutta, da destra a sinistra ha cambiato gli uomini, meglio dire ha cambiato generazione. Speriamo che sia l’inizio di una nuova era. E non solo il proseguimento verso un destino scritto, che solo l’illusione ci vieta di vedere.


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