Verona, la forza e il tormento


(dal Corriere del Veneto – 3 marzo 2017)

La capitale inespressa
VERONA, LA  FORZA E IL TORMENTO
di Luca Romano

Verona è una città dal brand molto forte. Ritagliandone un profilo distinto dal resto dei Veneto, il suo percorso appare diverso e più premiante. La chiave del successo è la capacità di ottimizzare la felicità geografica e la sua storia per accogliere canalizzazioni imponenti di flussi. L’apparente facilità di transitare dall’epoca della prevalenza del localismo a quella del flussi della globalizzazione. Dei flussi di persone – turisti, lavoratori e talenti – di merci e di capitali. Verona é sede ambita e prestigiosa, che si candida a ondate di ulteriore affluenza. Nel turismo la crescita è a doppia cifra. Nella storia cli Verona hanno contato anche le persone: Giorgio Zanotto, luminoso esempio di grande banchiere cattolico, quota in borsa la Banca Popolare nel lontanissimo 1998 e introduce un correttivo limitando il voto capitario dei dipendenti azionisti. Con il senno di poi, due decisioni controcorrente che hanno evitato all’istituto il calvario della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Pensiamo ai poteri che gestiscono flussi: per le merci interporto, aeroporto e autostrade; per persone e merci Fiera e ancora autostrade, per le persone, l’Arena, li Lago di Garda. Tutti i poteri veri di Verona si danno concerto nella capacità di organzzare i flussi materiali che arrivano corredati da quelli immateriali. Verona, infatti, è una delle cinque realtà italiane con maggiori Investimenti Diretti Estero in entrata: «non solo tedeschi e inglesi come tradizione, ma anche russi e indiani» specifica Rita Camisano, direttrice di Confindustria. Tutto bene dunque? Aleggia su questo successo in ciò che Verona diventa, una contraddizione clamorosa con ciò che Verona è stata. Il centro scaligero, infatti, ha sedimentato nel suo corridoio con il Nord Europa, dalla notte dei tempi, la via Claudia, l’egemonia di poteri ben radicati e conservatori: i gruppi agrari, le conventicole di religiosi e come fortilizio militare, dal feldmaresciallo Hadetzky alla Nato. Poteri radicati nella terra e nel controllo del territorio. Anche i gruppi industriali con blasoni di prima generazione nella loro eccellenza gestiscono il nodo di un trasferimento generazionale in alcuni casi molto tormentato. E questa contraddizione sembria generarne altre a cascata. L’opulenza dei flussi è gestita in modo inconsapevole del fatto che questi non guardano chi sta sul territorio; scendendo dall’Alto Adige e Trento lungo il corso del fiume, si avverte come uno stacco, entrando nel quadrilatero scaligero, una particolare debolezza della pianificazione territoriale, un certo disinteresse per il traffico automobilistico che affatica, per esempio, Verona sud, con grandi supermercati in arrivo nella già super congestionata zona Fiera.
Verona ha numeri di utenti dei trasporti pubblici per entrare e uscire dalla città a livelli meridionali. Di questa dinamica è pervaso anche il sistema delle élites politiche che con una certa disinvoltura rimuovono oneri «territoriali», con errori gestionali sia all’Aeroporto che all’Arena per esempio, in virtù di onori «globali», beneficiando di una sorta di «rendita da flusso». La connessione con il Veneto a est appare sfrangiata, a volte si ostenta quasi una estraneità in confronto con i collegamenti a Nord, a ovest verso Milano o a sud verso Modena. Avviandosi al congresso la Cisl di Verona ha voluto cercare di riannodare un filo pieno di interruzioni. Obiettivo costruire una governance più partecipata dai soggetti che stanno sul territorio e soffrono i costi di questo primato dei flussi; con il compito di cominciare a «tradurre» l’opulenza dei flussi in qualità della vita nei «contesti».


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