Femminicidio: nella storia di Laura Roveri le lacune del nostro sistema


Lo scorso 12 aprile la nostra giovane concittadina Laura Roveri è stata accoltellata a Vicenza da Enrico Sganzerla. Non è morta solo grazie all’intervento dei buttafuori della discoteca.

Dopo solo due mesi  Sganzerla aveva già lasciato il carcere per la clinica Santa Giuliana dove ha seguito un percorso “riabilitativo” ed ora è già tornato a casa sua,  agli arresti domiciliari.

Le associazioni veronesi Telefono Rosa Verona e Isolina e… hanno diffuso un comunicato stampa per sottolineare il proprio sgomento nei confronti di questo provvedimento: ora Laura è ripiombata nella paura, visto che chi ha tentato di ucciderla vive solo a qualche chilometro da lei.

Il rischio è reale, dato che le Forze dell’Ordine riterrebbero opportuno metterle a disposizione una scorta; è facile cogliere l’assurdità della situazione: lui fuori dal carcere, lei con la scorta perché in pericolo. Qualcosa non torna, infatti anche la prefetta Perla Stancari ha voluto incontrare Laura Roveri per vederci più chiaro.

Diciamo che questa situazione si è creata per la superficialità della decisione del giudice, che ha concesso i domiciliari a Sganzerla, perché non si è tenuto conto delle direttive della Convenzione di Istanbul, vincolanti anche per il nostro paese dall’1 agosto 2014, sul diritto di protezione della vittima. Inoltre, secondo la perizia medico-legale, la giovane, seppur ferita in più parti del corpo, non fu mai in pericolo di vita… e questo sarebbe sufficiente per decidere che Sganzerla non avesse intenzione di ucciderla?

Ricordiamoci che Sganzerla è partito da Verona con un coltello in tasca e ha raggiunto Roveri proprio per accoltellarla: come spessissimo accade nei casi di femminicidio (o di tentato femminicidio) l’uomo non ha accettato la fine della relazione, non ha riconosciuto alla ex fidanzata il sacrosanto diritto di vivere una vita senza di lui.

La lotta contro la violenza sulle donne va combattuta insieme, uomini e donne, cittadini/e e Istituzioni: solo con l’impegno vero e convinto di tutte/i possiamo sperare di arginare un fenomeno radicato nella nostra società (anche a Verona). Vanno sostenute le donne che hanno trovato il coraggio di uscire dalle relazioni violente, vanno  valorizzati (e aumentati) sia i centri che si occupano di uomini che agiscono violenza sia i centri che aiutano le donne maltrattate, va sensibilizzata l’opinione pubblica, vanno destinate risorse economiche e va nominata una Ministra per le Pari Opportunità.

Non è accettabile che ogni 2 giorni  in Italia una donna muoia per mano di un uomo.


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